Per lavorare legalmente negli Stati Uniti, occorre un visto di lavoro o la Green Card. I visti di lavoro temporanei sono rilasciati a lavoratori specializzati in possesso di una laurea (visto H-1B) o ad artisti e persone con straordinarie abilità (visto O-1) che sono sponsorizzati da un datore di lavoro americano e a cui è offerto hanno un contratto a tempo pieno.

Negli ultimi anni, data l’enorme richiesta di visti H-1B, il dipartimento d’immigrazione americano (USCIS) ha assegnato i visti con un sistema di lotteria. Circa il 25% dei candidati ha ricevuto il visto H-1B. In molti hanno le qualifiche ma non l’offerta di lavoro, mentre tanti altri ricevono offerte per lavori generici, per i quali non è possibile ottenere il visto.

In molti sono erroneamente convinti che il visto O-1 possa essere usato per lavoro freelance. La domanda per questo tipo di visto può essere fatta da uno sponsor che offra un lavoro a tempo pieno, oppure da un procuratore. Per procedere tramite un procuratore, è necessario dimostrare di avere già un itinerario di eventi con date e luoghi ben definiti. Si pensi ad esempio ad un cantante che viene a fare un tour negli Stati Uniti.

I più audaci provano a lavorare come liberi professionisti, ossia freelance. Il problema è che non esiste un visto di lavoro per liberi professionisti.

Il visto B-1 è per business temporaneo. Salvo alcune rare eccezioni, non è possibile essere remunerati con il visto B1. Qualcuno prova ad avanzare una teoria personalizzata, sostenendo che “business” significa “lavoro”, e che quindi sia possibile lavorare legalmente negli Stati Uniti con il visto B-1. La realtà è che il consolato americano non concede visti B-1 per motivi di lavoro autonomo. Quindi, a meno che non si vadano a raccontare menzogne, sarà molto difficile ottenerlo.

Ad ogni modo, anche avendolo ottenuto, arriverà poi il giorno della verità, ossia il giorno della scadenza del visto B1. Può in teoria essere richiesta un’estensione del B-1 per altri 6 mesi. Queste richieste di estensione sono molto spesso negate.

Dato che un visto per lavoro freelance non esiste, vale la pena di esplorare le altre possibili opzioni. Il visto E-2 è uno tra i pochissimi visti USA che non richiede lo sponsor da parte di un datore di lavoro americano.

Costituire una società a New York o in un altro Stato non aiuta ad ottenere il visto E-2, se non nel caso in cui si effettui un investimento “sostanziale” così come definito dalla legge americana. Inoltre, l’investimento deve essere fatto in un’azienda attiva con prospettive di guadagni consistenti. Gli investimenti immobiliari sono considerati investimenti passivi, salvo rare eccezioni.

Le attività di libero professionista sono raramente adeguate per l’ottenimento del visto E2. La ragione principale è che un libero professionista ha in genere costi di avviamento molto bassi, il che crea un’obiettiva difficoltà nella dimostrazione dell’aver effettuato un investimento “sostanziale”.

In ogni caso, ci sono eccezioni alla regola. Ad esempio, mentre un fotografo non può ottenere il visto per venire negli Stati Uniti a scattare foto e fare servizi fotografici come libero professionista, potrebbe invece ottenere il visto E-2 aprendo uno studio professionale con macchinari, attrezzature, e staff di supporto.

Lo stesso vale per le attività di consulenza professionale. In questo senso, ho esperienza diretta, avendo ottenuto lo status d’investitore E-2 dopo la scadenza del mio visto di studio.

In ogni caso, prima di prendere iniziative, quali ad esempio chiedere il visto B-1 al Consolato Americano di Roma, Milano o Napoli, sarebbe il caso di consultarsi con un avvocato. Vale la pena ricordare che il rifiuto del visto da parte del Consolato implica anche l’automatica revoca dell’ESTA.